Il rilievo fotogrammetrico da drone e la fotogrammetria in generale sono un caso molto particolare ed affascinante in cui la scienza si avvicina all’arte. Realizzare un rilievo preciso non è per nulla semplice ed ogni caso ha una storia ed una metodologia a sé. Non esistono regole generali ferree e sempre valide ma molto è affidato all’esperienza ed all’intuito del professionista che, sulla base della propria esperienza, esercita determinate scelte sia in fase esecutiva che elaborativa.

Il primo passo
Singoli fotogrammi del nostro rilievo effettuato con il drone

Singoli fotogrammi del nostro rilievo effettuato con il drone

L’inizio di un rilievo pone le basi già nell’attività preparatoria in cui si deve decidere come e quando effettuare i voli. Scegliere le modalità, orientamento, numero dei voli scaturisce dell’analisi di numerosi fattori (morfologia del terreno, condizioni meteo, luminosità, caratteristiche tecniche del drone e dell’apparato fotografico utilizzato). Effettuate le nostre scelte operative avremo il set di fotogrammi necessari ad ottenere una copertura completa dell’area di nostro interesse. Uno dei parametri importanti e di cui si sente sempre parlare è il G.S.D. (Ground sampling dimension o ground sample distance) che costituisce un’importante indicazione del grado di definizione che avrà il nostro rilievo. In pratica esso definisce le dimensioni che un pixel del nostro fotogramma avrà in termini centimetrici nello spazio ripreso con la nostra fotocamera. Minore sarà questo parametro maggiori saranno i dettagli che sarà possibile distinguere dalle nostre foto aeree.

Geotag delle nostre immagini

Una volta scattate e salvate sul PC le foto dobbiamo fare in modo che esse abbiano una informazione della loro ubicazione nello spazio in termini assoluti (coordinate geografiche). Questo passaggio non è sempre necessario, ad esempio nella fotogrammetria architettonica, in quanto, anche senza informazioni sulle coordinate geografiche delle nostre foto, comunque i software ricostruiscono il nostro modello in termini relativi. Nel nostro caso il rilievo fotogrammetrico da drone richiede che siano presenti le coordinate spaziali in termini assoluti in modo da poter ubicare in modo preciso nello spazio reale il nostro lavoro. Il mio consiglio è lavorare in RTK (vedi il nostro articolo sui rilievi GNSS di precisione) se possibile altrimenti anche in PPK è  posssibile ottenere ottimi risultati ma sempre e solo con valutazione della qualità del segnale GNSS “a posteriori” e non in “real time”.

Ubicare in nostri G.C.P. (ground control point)
GCP model

GCP model

Per essere sicuri di fornire al nostro cliente un prodotto di qualità che rispecchi le caratteristiche tecniche richieste in fase di affidamento è “necessario” inserire dei marcatori a terra. Questo ci permetterà di effettuare dei controlli sulla precisione reale del nostro rilievo in modo da permetterci eventuali manovre correttive se necessario. I GCP (vedi il nostro articolo dedicato proprio alla loro importanza) sono quasi sempre necessari in quanto anche lavorando in RTK ed avendo precisioni centimetriche nell’ubicazione del punto di presa delle foto del nostro rilievo non è sempre possibile sfuggire da “errori” derivanti da fattori deformativi, angolari e di profondità di campo (FOV) della nostra macchina fotografica. Soltanto un apparecchio fotografico perfettamente tarato (in termini di lunghezza focale dell’obiettivo, distorsioni dovute alle lenti, profondità di campo, misura del sensore) potrebbe essere utilizzato senza GCP ma solo con i dati RTK del geotag. Nel mio caso, utilizzando vari apparati fotografici (dalle action cam evolute alle fotocamere mirrorless o reflex) inserisco sempre e comunque dei GCP che possono essere sia naturali (angoli di fabbricati o manufatti) che artificiali (il classico marcatore a croce fissato a terra).

Elaborazione delle immagini
La nuvola di punti (points cloud) che scaturisce da un rilievo fotogrammetrico da drone

La nuvola di punti (points cloud) che scaturisce da un rilievo fotogrammetrico da drone

Per elaborare le nostre immagini serviranno dei software dedicati il cui scopo è quello di confrontare i vari fotogrammi e ricostruire il modello tridimensionale di quanto ripreso nelle nostre foto. Senza entrare nel merito dei vari tools esistenti attualmente per ottenere questo scopo (alcuni a pagamento ed altri gratuiti “open source”) devo ovviamente sorvolare, col proposito di approfondire in un prossimo articolo, sugli aspetti tecnici di questa fase molto delicata e complessa che condizionerà fortemente il risultato finale del nostro lavoro.

Modelli digitali del terreno

Otterremo quindi i nostri D.E.M. (digital elevation model) o modelli digitali di elevazione  che si suddividono in D.S.M. (digital surface model) e D.T.M. (digital terrain model) che differiscono per la presenza o meno di ciò che ricopre eventualmente in terreno (vegetazione, manufatti, ecc…). Per avere un buon DTM bisogna saper “filtrare” gli elementi non necessari in modo da ottenere un modello della superficie che non sia falsato dalla presenza di vegetazione o altro. Da questa fase di filtraggio ed elaborazione scaturirà la “nuvola di punti” che permetterà di realizzare tutta una serie di analisi tecniche in termini vettoriali.

Risultato finale

Il  rilievo fotogrammetrico da drone consiste alla fine in una serie di elaborati che è possibile riassumere come segue:

  • Nuvola di punti (.las, .laz);
  • Curve di livello (.dxf)
  • DSM e/o DTM (.dxf)
  • Ortophoto (geotiff)

Sulla base di questi elementi il nostro cliente potrà effettuare i calcoli necessari per il suo progetto e noi avremo ottenuto il nostro obiettivo professionale.

Nella galleria fotografica sottostante potete “vedere” una porzione perimetrale (quella più problematica di solito) di un nostro rilievo fotogrammetrico in cui si vede benissimo la differenza tra l’utilizzo o meno dei GCP a terra. Nelle immagini in overlap su Google Earth è possibile visualizzare l’affidabilità nei due casi considerati: senza GCP e con GCP! A voi le considerazioni del caso.


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